“Bella ciao” non è una tarantella
di Lucia Di Mauro
Napoli, 08 giugno 2021
Notizia oziosa del giorno: sostituire l’Inno di Mameli con Bella ciao, il tutto a norma di legge.
Se questo scoop giornalistico, che cambierà l’esistenza di tutti, non l’avessero ripreso importanti esponenti del Meridionalismo, in verità non avrebbe attirato la mia attenzione, anche perché trovo che sia molto più rappresentativa per la nostra gente “‘Nu jeans e ‘na maglietta” di Nino D’Angelo, piuttosto che queste due italiche canzonette. Di leggi idiote ce ne sono tante, una di più o di meno non ha importanza. E che sui campi di calcio si possa suonare l‘Inno di Mameli o Bella ciao o persino Va pensiero, per quel che mi riguarda, non fa differenza, perché il vero cambiamento sarebbe solo l’ascoltare l‘Inno di Paisiello.
Dunque piuttosto che tentare di risolvere questo amletico dubbio tra quali note debbano rappresentare ufficialmente il gran carrozzone italiano, porrei l’attenzione su un altro aspetto, sintomatico di un’Inquietudine più profonda.
Poiché i cambiamenti storici sono sempre accompagnati dalla caduta dei simboli che li rappresentavano, mi chiedo: quale profonda crisi, precorritrice di un cambiamento appunto, è causa della cancellazione dei vecchi emblemi in cui gli italiani dovevano identificarsi ?
L’identità della nazione italiana, che hanno cercato tanto insistentemente quanto infruttuosamente di costruire dal 1861 in poi, in modo forzato, in modo propagandistico, attraverso il sistema scolastico, attraverso il sistema mediatico,ecc., facendo ovunque sentire una sola voce, per creare un monismo identitario, che avrebbe dovuto essere l’unica identità italiana esistente, oggi è sempre più frammentata, tanto da non riconoscersi nemmeno dello sport nazionale più amato
Forse solo a metà del ventesimo secolo, grazie prevalentemente alla TV di Stato, che ha creato una lingua comune, è parso essere più vicini alla costruzione di un’idea di nazione italica; ma l’idea è rimasta tale perché non era scritta nel sentire e nella cultura degli italiani.
Oggi a mio avviso vorrebbero tentare di costruire questa identità italiana non più attraverso il Risorgimento, che, messo in discussione da tante parti nel dibattito nazionale, si vuole relegare nei meandri dell’oblio con tutta l’apologetica che ha generato, bensì ci si vuole rifare il make-up identitario partendo dalle guerre mondiali. Anche questa evidentemente è una forzatura.
Pretendere che tutti gli italiani si riconoscano in una storia comune, peraltro a tutto il mondo, ma nei fatti e negli epigoni vissuta differentemente nelle due parti del paese ( bombardamenti al sud, guerra partigiana al nord, prosperità con i soldi del piano Marshall al nord, emigrazione al sud), è ancora una volta un’imposizione artificiosa di chi non sa e non vuole comprendere la propria storia territoriale. E credetemi Bella ciao mai sarà una tarantella!