LA SPIGOLATRICE DI SAPRI riscritta da un Duosiciliano

La spigolatrice di Sapri
E se la letteratura e la storia del nefasto periodo risorgimentale l’avessero scritta gli amanti delle Due Sicilie cosa avremmo letto e ascoltato? Non solo la narrazione degli accadimenti storici sarebbe stata differente, ma anche l’immaginario delle opere “di penna” avrebbe denunciato la verità negata in tante produzioni letterarie degli scrittori asserviti al nuovo potere savoiardo.
Questo è l’input che ha motivato il prof. Morando Morandi, noto otorino laringoiatra , Dir. Resp. dell’U.O. di Chirurgia dell’Orecchio presso la Divisione Otorinolaringoiatra dell’Ospedale Cardarelli di Napoli, a scrivere e regalarci questo suo elaborato.
spigolatrice di sapri
La statua della Spigolatrice sullo scoglio dello Scialandro a Sapri

RIVISITAZIONE IN CHIAVE DUOSICILIANA DELLA POESIA DI L.MERCANTINI

LA SPIGOLATRICE DI SAPRI

(riscritta da un Duosiciliano)

Eran trecento, erano orridi e forti

e sono morti!

 

Me ne andavo un mattino a spigolare

quando ho visto una barca in mezzo al mare,

era una barca che andava a vapore

e issava una bandiera tricolore.

Non era proprio egual a quella odiata

ma solo in una tinta era cambiata!

All’isola di Ponza si è rifornita,

imbarcato i detenuti ed è ripartita!

È ripartita ed è venuta a terra

sceser con l’armi pronti alla guerra!

 

Eran trecento, erano orridi e forti

e sono morti!

 

E liberi ormai baciaron il suolo

pronti a commetter ogni duolo!

Ad uno ad uno li guardai in faccia

senza scorger alcuna umana traccia.

Dai ghigni brutali sul loro volto

capii che ci avrebber offeso molto:

Eran ladri e assassini usciti dalle tane

pronti a rubar finanche il pane.

Li sentii levar un solo grido:

Finalmente liberi su questo lido!”

 

Eran trecento, erano orridi e forti

e sono morti!

 

Con gli occhi scuri e i capelli neri

il capo loro li facea guerrieri

Mi resi ardita e avvicinandomi piano

gli chiesi: “Cosa volete oh capitano?”

Guardommi e mi rispose: ”Madamigella,

questa Patria per me è una cella!

La mia sarà una vendetta furibonda

per lavar l’ indigerita onta!”

Io mi sentii tremar tutto il core

e tra me e me pensai: “Ci aiuti il Signore!”

 

Eran trecento, erano orridi e forti

e sono morti!

 

Quel giorno non potei più spigolare

e dietro di loro mi misi a camminare.

Feroci aggrediron li gendarmi

riuscendo a rubar tutte le armi!

Canaglie vocianti per la strada

volevano incendiar ogni contrada!

Ma non bastaron a metterci paura

perché tutta la gente capì la congiura

e tra forconi, spari e scintille

piombammo su di loro in quasi mille!

 

Eran trecento erano orridi e forti

e sono morti!

 

Allora i trecento provaron a fuggire

ma l’ira del popolo li portò a morire.

Periron si col ferro in mano

e avanti a loro correa sangue il piano

Erano belve uscite dalla gabbia

ora agonizzanti sulla sabbia

Finché pugnar vid’io, per noi pregai

ma, ad un tratto, poi, mi rallegrai:

io non vedeva più, in mezzo ai masnadieri,

quegli occhi scuri e quei capelli neri!

 

Eran trecento erano orridi e forti

e sono morti!

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