La fine del mito unitario: Cialdini e Cavour

La fine del mito unitario: Cialdini e Cavour 

di Lucia Di Mauro

Napoli 23 novembre 2016

$_35Enrico Cialdini

Se per conoscere qualche notizia sul generale Cialdini ci si dovesse affidare ai manuali universitari si apprenderebbe molto poco , alcune volte solo il nome. Questo fatto risulta essere alquanto anomalo nell’apologetica risorgimentale che celebrava, ad esempio, un Garibaldi, personaggio mercenario ed assassino, tramite figure di santini assimilabili a quelli con cui la chiesa rappresentava Cristo stesso.

Perché a Cialdini non sarà riservato lo stesso trattamento? Perché Cialdini deve essere, per così dire, “nascosto”, non in quanto figura di poca importanza nella disfatta del Regno delle Due Sicilie, ma perché, indagando sulla sua vita, ci si renderebbe conto di cosa effettivamente sia stato il risorgimento italiano.

Il modenese (Castelvetrano) Enrico Cialdini fu un medico mancato che, dopo aver condotto una vita “scioperatissima” per sua stessa ammissione, acquisì una formazione militare divenendo “un soldato non alieno da compiacimenti autoritari, ostile ad ogni decisione che non fosse stata elaborata da un regolare Stato Maggiore”.

Dunque fu un soldato ma (qui nasce la vera domanda su Cialdini) fu un soldato obbediente o un criminale di guerra?

Per rispondere consideriamo i fatti, analizziamo cioè le gesta di questo “generale”, particolarmente quelle relative alla campagna contro il Regno delle Due Sicilie, esaminando gli avvenimenti che lo videro coinvolto nell’assedio a Gaeta e nella repressione al brigantaggio post unitario.

Gaeta

Nel novembre 1860 si svolge a Gaeta l’ultimo atto della resistenza borbonica all’avanzata delle truppe sabaude nel sud d’Italia. L’avamposto sabaudo si insedia ai piedi della fortezza il 6 novembre e il 13 novembre l’esercito piemontese guidato dal generale Enrico Cialdini comincia l’assedio di Gaeta.

“Cialdini ordina di bombardare abitazioni e ospedali, uccide civili e ammalati”. Lo scrittore Teodoro Salzillo narra di «settantasei giorni di fuoco sì ostinato e micidiale che anche nei propri letti venivano uccisi i malati e i feriti». Per «questo fatto orribile » Cialdini viene richiamato dal governatore, al quale il generale replica: «Le palle dei miei cannoni non hanno occhi».

La resa degli assediati non è sufficiente a fermare i bombardamenti, anzi il fuoco diviene più serrato durante le trattative perché, afferma il generale, «sotto il tiro dei cannoni cederanno a condizioni più vantaggiose per noi». Anche dopo la firma delle capitolazione Cialdini ordina ancora di colpire la polveriera del Transilvania, dove muoiono, cinquanta militari,molti civili e il il sedicenne Carlo Giordano.

Brigantaggio

Nella lotta contro i briganti (contadini o/e partigiani delle Due Sicilie) questo padre della patria italiana mostra altrettanta efferatezza: arresti ingiustificati, persecuzioni, esecuzioni di morte sommarie. Non uccide solo uomini , ma donne, preti, vecchi, bambini accusandoli di nascondere e proteggere i briganti. Tutti sono coinvolti. Il 3 gennaio 1862 a Castellamare del Golfo, viene fucilata una bambina di nove anni, Angela Romano, con l’accusa di Brigantaggio“

Per finire in nostro elenco dei crimini messi in atto da Cialdini, ma altri se ne potrebbero citare ancora, vogliamo ricordare i noti fatti accaduti a Casalduni e Pontelandolfo.

Dopo che 40 carabinieri piemontesi vengono uccisi dai briganti, come normale in una guerra, si decide una spedizione punitiva contro i due paesi scenario dell’episodio. Si decide così la rappresaglia contro la popolazione civile inerme e Cialdini ordina che di Pontelandolfo “ non rimanga pietra su pietra”. La donne vengono violentate con le baionette, gli abitanti bruciati vivi nelle loro case. Ricorda il bersagliere Carlo Margolfo: «Entrammo nel paese. Subito abbiamo incominciato a fucilare i preti e gli uomini, quanti capitava, e infine abbiamo dato l’incendio al paese, abitato da circa 4500 abitanti. Quale desolazione! Non si poteva stare dintorno per il gran calore, e quale rumore facevano quei poveri diavoli che la sorte era di morire abbrustoliti!».

Conclusioni.

L’idea di uccidere il nemico per annientarlo, servirsi delle torture per incutere paura, massacrare per ottenere condizioni più favorevoli, a capitolazione già avvenuta, sono gesta da criminale e non da soldato.

Cialdini è condannato dalla storia e il suo nome ad essere maledetto in eterno.

CavourCamillo Benso, conte di Cavour

È del 2013 una delle trasmissioni Rai, cosiddette colte, appartenente al ciclo intitolato” La storia siamo noi”, dove si vuole presentare la figura del politico e imprenditore italiano Camillo Paolo Filippo Giulio Benso, conte di Cavour. Durante la visione del documentario ci si rende conto di come, dopo 152 anni dalle imprese del Conte, la verità su di lui ancora non venga raccontata.

Definito come il grande stratega, artefice dell’unità italiana, uomo progressista visionario di grandi ideali, Cavour fu in realtà un grande giocoliere, abile nel far volgere a favore del regno sabaudo gli avvenimenti internazionali.

I Savoia e lo stesso Cavour avevano affossato l’economia piemontese ( ricordo che fu ministro delle Finanze del 1851), indebitandosi con Inghilterra, ma soprattutto con i Rothschild, per svariati milioni.

Come risollevare le sorti del Regno di Sardegna senza rischiare un’invasione delle grandi potenze a cui era debitore lo stato piemontese?

La risposta fu una politica espansionistica che ebbe nome di unità d’Italia, ma che servì al Conte per risolvere i problemi in casa propria.

Contrariamente a ciò che si crede, Cavour non aveva un disegno preordinato di unità nazionale, che era dovuto più a Mazzini, ma l’idea d’Italia unita era funzionale ai suoi scopi.

Infatti, in primis, la Banca Nazionale Sarda, che era sotto il controllo dello stesso Cavour, divenne, grazie a quest’ultimo, un’autentica tesoreria di Stato e, come tale, acquisì il potere di battere moneta. Tale moneta, però, era fatta di carta straccia, in quanto i Savoia avevano dato fondo alla riserva aurea dello Stato del regno di Sardegna, grazie alla loro politica guerrafondaia.

Il Banco di Napoli, al contrario, possedeva un capitale altissimo in oro e argento, in modo da tale da poter battere moneta per 1.200 milioni ed assumere in tal modo il controllo dei mercati.

La conquista del Sud avrebbe significato anche il possesso del Banco di Napoli.

In seconda istanza, favorendo gli interessi inglesi, il Piemonte avrebbe arginato il pericolo di un’invasione da parte delle grandi potenze e pagato i suoi debiti con Rothschild.

Ma perché l’Inghilterra aveva interesse ad eliminare il Regno delle Due Sicilie?

La perfida Albione aveva anzitutto la necessità di eliminare un concorrente sempre più forte nei mercati del Mediterraneo ed inoltre voleva realizzare il progetto massone di soppressione della Chiesa cattolica.

Concludendo, l’abile stratega non agì spinto da ideali romantici, come il secolo in cui è vissuto poteva far supporre, nemmeno seppe concepire la visione politica di una Italia ed Europa unite, bensì fu soltanto al servizio degli interessi savoiardi per la sua stessa ambizione.

L’ultimo giudizio che i posteri possono esprimere su questo uomo si può sintetizzare in un solo termine: vanagloria .

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