Globalizzazione, omologazione, deterritorializzazione

di Lucia Di Mauro

Napoli, 1 febbraio 2022

Per liquidare i popoli si comincia con il privarli della memoria. Si distruggono i loro libri, la loro cultura, la loro storia. E qualcun altro scrive loro altri libri, li fornisce di un’altra cultura, inventa per loro un’altra storia. Dopo di che il popolo incomincia lentamente a dimenticare quello che è stato. E il mondo attorno a lui lo dimentica ancora più in fretta”.Milan Kundera

Cancellare un popolo, cancellare un’identità culturale, sostituire una storia con un’altra storia fasulla o addirittura azzerare ogni forma di memoria, tutto questo in epoche passate avveniva per singole nazioni, ad opera di un popolo che voleva fagocitarne un altro, rendendolo propria colonia, oggi questo stesso processo si attua su grande scala, o meglio su scala globale.

E’ , questo, un processo di deterritorializzazione, ovvero una “progressiva perdita di rilevanza del territorio”, come formatore e conservatore di diversità identitarie e culturali. E’ in via di formazione una cultura unica, un pensiero unico, un universalismo massificante, che si traduce anche nei comportamenti privati dei singoli.

In tale sradicamento , l’individuo “vagante” non necessita dell’integrazione territoriale in un altro luogo e in un’altra cultura, in quanto “l’indebolimento delle culture locali”, o meglio, il loro liquefarsi in un’ampia omogenizzazione d’identità e di cittadinanze, lo rende di fatto un apolide.

Il motore primario di tale processo è evidentemente la mondializzazione dei mercati, con le parole di Deleuze e Guattari, si può affermare che: “Le multinazionali fabbricano una sorta di spazio liscio deterritorializzato”, poiché possono trovare manodopera a basso costo senza diritti umani di dignità e sicurezza nel lavoro, ma anche paradisi fiscali e senza alcune regola compresa quella del rispetto ambientale.La cattiva universalità del mondialismo viene descritta bene da Adam Smith nella Ricchezza delle nazioni:“Il possessore di capitali è propriamente un cittadino del mondo e non è necessariamente legato a nessun paese particolare. Egli sarebbe pronto ad abbandonare il paese in cui è stato esposto a una indagine vessatoria per l’accertamento di un’imposta gravosa e trasferirebbe i suoi fondi in qualche altro paese dove poter svolgere la sua attività o godersi la sua ricchezza a suo agio”.”

In questo scenario persino il paesaggio subirà una profonda omologazione, il pianeta diverrà simile ad una immensa metropoli, che qualcuno ha già definito “cosmopoli”.

Tale omologazione non può non essere anche linguistica. Dal secolo scorso ad oggi sono stati fatti anche tentativi di costruzione d’una lingua artificiale (esperanto e poi in seguito l’europanto, ecc), soprattutto per contrastare l’eccesso di diffusione della lingua inglese, di fatto però ciò che si sta creando è una inglesizzazione delle varie lingue, anche perché la diffusione della “scrittura da web” sta creando codici comunicativi per ora inesplorati e da studiare.

Non si creda, peraltro, che la globalizzazione annulli le differenze linguistiche e culturali. Anzi essa favorisce la multiculturalità, il multilinguismo e i fenomeni di mescolanza tra le lingue, ma in una realtà dove tutto si mischia e si confonde, la diversità perde valore, diventa un fenomeno consumistico, magari si trasforma in folklore e favorisce il business turistico, ma non è più espressione dell’identità profonda di un popolo che è stata plasmata dal proprio linguaggio e che, però, parallelamente ha contribuito a formare: in una corrispondenza biunivoca, la cultura forma il codice linguistico e quest’ultimo crea e rafforza l’identità di una nazione.

Per tutti questi motivi, a mio modesto avviso, la riappropriazione della propria identità passa attraverso un’esclusione, quella che vede le proprie tradizioni (dalla cucina alle feste nazionali, ad esempio) e il propria lingua, come bene non accessorio ma prioritario, da frequentare in una soluzione unica di continuità, rinunciando un po’ anche ad un sapere universale e sincretico, confuso, superficiale, falsante.

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